Elegia - Giornale del Centro Prif


La sordità  neonatale

UNA PATOLOGIA CHE COLPISCE TRE BAMBINI OGNI MILLE NUOVI NATI

La presenza alla nascita di un deficit uditivo è una condizione che può avere conseguenze molto gravi per il bambino e che può configurare quel quadro, oggi fortunatamente scomparso, del “sordomutismo”.
La voce, le parole che il bambino percepisce, sono infatti i catalizzatori sui quali il cervello apprende e sviluppa le reti neurali deputate alla percezione e produzione del linguaggio.
Secondo recenti statistiche nord-americane sulla sordità e i disturbi della comunicazione (NIDCD) 2-3 bambini ogni 1000 nuovi nati sono affetti da una forma grave di deficit uditivo.
In circa la metà dei casi si tratta di una patologia genetica ereditata dai genitori, anche se spesso, per il particolare tipo di trasmissione genetica, i genitori sono portatori sani della mutazione e quindi del tutto normali dal punto di vista uditivo.
L’aspetto più rilevante della sordità neonatale è che si tratta di una patologia “silente”, nel senso che impedisce la percezione dei suoni e non ha segni di identificazione in un neonato.
Il bambino affetto da sordità congenita non corretta prima dei 3 anni di vita, il periodo in cui grazie alla cosiddetta “plasticità” del sistema nervoso centrale è massimamente recettivo ai fini dell’evoluzione del linguaggio, non sarà mai in grado di elaborare una comunicazione verbale soddisfacente, con un notevole impatto sull’inserimento sociale, sulla vita di relazione e sullo sviluppo dell’individuo.
Da qui la necessità della presa in carico precoce del bambino ipoacusico da parte di èquipe specializzata composta da diverse figure professionali: il medico audiologo e i tecnici logopedisti, audiometristi e audioprotesisti. Due punti oggi rappresentano i cardini per la terapia della sordità infantile: gli screening neonatali e l'intervento protesico precoce. I programmi di screening uditivo nella nostra regione sono attivi già da diversi anni e sono effettuati in quasi tutti i punti nascita.

Prevedono l'esecuzione su tutti i neonati di un test che ci permette di individuare i bambini che possono avere una perdita uditiva già prima della dimissione del neonato dall'ospedale. Si utilizza il test delle Otoemissioni Acustiche, una metodica oggettiva, sofisticata e affidabile, di facile e veloce applicazione, non invasiva e ben tollerata dal piccolo paziente. Nel caso di mancato superamento del test delle QAE o in presenza dei fattori di rischio per ipoacusia neonatale previsti dal JCIHS (Joint Committee on Infant Hearing Screening) nel 2007 (storia famigliare positiva per ipoacusia, infezioni di gravidanza del gruppo Torch, malformazioni cranio-cefaliche, segni di sindromi associate ad ipoacusia e ricovero in terapia intensiva neonatale), la famiglia viene indirizzata al servizio di Audiologia per un più approfondito inquadramento diagnostico. I test audiologici utilizzati in questa fase comprendono i potenziali evocati del trongo encefalico, l'impedenzometria, lo studio dei riflessi cocleostapediali, l'audiometria infantile.                                                       

Parallelamente alla definizione dell'entità e della tipologia della perdita uditiva, ne viene ricercata la causa attraverso test genetici, marker bioumorali e diagnostica per immagini dell'orecchio interno e dell'encefalo.  

Una volta ottenuta una stima attendibile della soglia uditiva viene programmato il piano terapeutico-riabilitativo. Il ripristino della sensibilità uditiva nelle ipoacusie gravi e profonde si avvale dell'applicazione di apparecchi acustici opportunamente calibrati e, nel caso si dimostrassero insufficienti, dell'applicazione chirurgica dell'impianto cocleare, un dispositivo iscritto in un alloggiamento osseo in sede retro-auricolare che permette di by-passare la coclea, che è la sede della lesione uditiva, e di stimolare direttamente il nervo acustico attraverso un elettrodo multicanale.                                    L'applicazione delle protesi acustiche o dell'impianto cocleare consente al bambino il recupero di una soglia uditiva praticamente normale ed è oggi risolutiva nella quasi totalità della ipoacusie neonatali, anche se rappresenta solo il primo passo del lungo e articolato percorso riabilitativo che il piccolo paziente dovrà intraprendere, insieme ai familiari, per progredire armoniosamente nello sviluppo del linguaggio.                                                

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